IL GIUDICE DI PACE A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 12 luglio 2007, cosi' decide: 1) respinge la domanda di pronuncia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati contestali, ex art. 157, comma 5 c.p., formulata dalla difesa dell'imputata, ritenendola, allo stato, infondata; 2) sulla sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art 157, comma 5 c.p., come sostituito dall'art 6, legge n. 251/2005, nella parte in cui non prevede che il termine di prescrizione di anni 3 si applichi, oltre che ai reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria, anche a tutti gli altri reati di competenza del giudice di pace, in relazione all'art. 3 della Costituzione, precisa quanto segue: richiamato il contenuto dell'ordinanza n. 29786 del 2006 della Corte suprema di cassazione secondo cui «... a proposito delle sanzioni applicabili dal giudice di pace - o dal giudice comunque chiamato a giudicare dei reati di competenza del giudice di pace (art. 63, comma 1, del d.lgs. n. 274/2000) - l'articolo 52 del citato d.lgs. n. 274/2000 stabilisce una sorta di summa divisio tra i reati per i quali e' prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, per i quali continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti, e tutti gli altri reati, per i quali il comma 2 dello stesso articolo stabilisce che, in luogo delle pene detentive, si applichi - con meccanismi differenziati a seconda delle varie ipotesi ivi prese in considerazione - o la pena pecuniaria della specie corrispondente, o la pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica utilita' (ove per il reato sia prevista la pena detentiva alternativa a quella pecuniaria, le sanzioni "paradetentive" sono applicabili soltanto se la pena detentiva e' superiore nel massimo a sei mesi). In sostanza: per le ipotesi meno gravi, per le quali la sanzione applicabile e' solo la pena pecuniaria, il termine di prescrizione e', a norma del novellato articolo 157 c.p., quello previsto dal comma 1 (sei anni se si tratta di delitto e quattro anni se si tratta di contravvenzione); nei casi di maggior gravita', quali quelli per i quali sono applicabili le pene della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilita', il termine, inspiegabilmente, si riduce a tre anni. La previsione che qui si censura appare dunque priva di razionalita' intrinseca e tale da vulnerare, ad un tempo, il principio di ragionevolezza ed il canone della uguaglianza presidiata dall'art. 3 della Costituzione ...»; Ritenendo di condividere tutte le osservazioni sopra esposte, che si ritrovano peraltro anche nelle ordinanze del Tribunale di Perugia n. 415/2006; 572/2006 e 573/2006 (pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 25 ottobre 2006 e n. 50 del 20 dicembre 2006); Considerato quindi che l'art. 157, comma 5 c.p., detta un regime prescrizionale che appare del tutto irrazionale, generando una ingiustificata disparita' di trattamento; Preso atto che il denunciato profilo di incostituzionalita' oltre ad essere non manifestamente infondato appare altresi' rilevante per il procedimento in corso, atteso che se si applicasse il termine di tre anni a tutti i reati di competenza del giudice di pace, i reati oggi in giudizio, previsti e puniti dagli art. 594 e 612 c.p., sarebbero estinti per intervenuta prescrizione.